Piano aeroporti e accordo Alitalia-Etihad: novità per chi vola
Sono giorni di forti turbolenze per il traffico aereo italiano: due cicloni scuotono i cieli dello stivale, nel bene e nel male: uno si chiama “piano nazionale aeroporti”, e promette di mettere sotto torchio molti aeroporti minori; l’altro è l’accordo appena siglato tra Alitalia ed Etihad.
Partiamo da quest’ultimo: l’accordo prevede un investimento nel capitale di Alitalia da parte ella compagnia di bandiera degli Emirati Arabi. Si tratta in sostanza di una partecipazione azionaria in Italia, che permette alla nostra compagnia, sull’orlo del fallimento, di tirare un sospiro di sollievo e vedere i propri bilanci rimpinguati dai soci arabi (49% Etihad, 51% soci italiani) che darà vita alla nuova Alitalia.
In cambio dell’investimento, Etihad ha però chiesto alcune condizioni: le banche italiane sarebbero pronte a rinegoziare debiti a breve termine per 400 milioni; sindacati da parte loro avrebbero accettato dolorosi tagli agli organici (si parlerebbe di quasi 3mila posti di lavoro; il governo dovrebbe rispondere infine con adeguati ammortizzatori sociali.
Ma soprattutto, con l’entrata in scena dei nuovi soci si prospetta una forte riorganizzazione del sistema aeroportuale italiano, penalizzando probabilmente il sud, che finora ha tratto vantaggio “dagli sforzi di tante compagnie, talvolta low cost, che offrono voli da e per le capitali europee a prezzi contenuti.” Questo il pensiero di Ennio Cascetta, ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto alla Federico II, che si dimostra preoccupato per le sorti di “quelle compagnie che hanno permesso alle città meridionali di restare agganciate alle aree più ricche e sviluppate d’Europa”. E con queste compagnie, anche gli scali italiani interessati.
La preoccupazione riguardo ad alcuni aeroporti non è del tutto infondata: e qui si inserisce il secondo ciclone pronto a scombussolare i cieli italiani, vale a dire il Piano Nazionale Aeroporti. Il destino degli aeroporti del Paese è infatti contenuto in una bozza che qualche mese fa il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi ha presentato in Consiglio dei ministri e che prevede una suddivisione in scali strategici e di interesse nazionale: i primi sono quelli su cui il governo punta e investe; i secondi sono quelli sotto osservazione, che dunque dovranno dimostrare di essere utili e produttivi, altrimenti potrebbero addirittura chiudere i battenti.
Tra gli aeroporti più a rischio ci sono Salerno, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Crotone, Comiso, Trapani, Pantelleria, Lampedusa, Olbia e Alghero. Tutti concentrati al Sud. Se il Piano Nazionale Aeroporti verrà approvato dal governo, si tratterà di una legge, e questi aeroporti vedranno giorni certamente diffcili. La strada, però, appare in salita perché i soggetti competenti hanno visioni, fini e interessi diversi. E allora non sarà facile trovare una sintesi. Anche perché in gioco c’è la sopravvivenza di infrastrutture costate milioni di euro e che danno lavoro a centinaia, in certi casi migliaia di persone.